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14
NOV
2021

Bontà: pregio o difetto?

Condividiamo con voi la riflessione di Don Mauro per la prima settimana di Avvento.

“Abbi pazienza”! “Non ti preoccupare che tutto si risolverà”! “Non arrabbiarti”!

Frasi come queste le abbiamo dette o ricevute un’infinità di volte.

Cosa vogliamo dire con simili espressioni? Sono un tentativo per smarcarci da problemi irrisolvibili o rispondono realmente ad un agire da discepoli di Gesù?

Nella prima lettera ai cristiani di Corinto l’apostolo Paolo, descrivendo la carità come la più alta tra le virtù, ne tratteggia le caratteristiche. La prima suona così: “la carità è paziente, benevola è la carità”:

In famiglia, nelle relazioni di amicizia, di lavoro, di studio o di svago essere pazienti vuol dire cercare di vivere come si manifesta il volto di Dio che è “lento all’ira e grande nell’amore”; cercare di imparare da Dio che è Padre paziente dal momento che “non vuole la morte del peccatore ma che si converta e viva”. In Amoris Laetitia papa Francesco afferma che “la pazienza di Dio è esercizio di misericordia verso il peccatore e manifesta l’autentico potere”.

Si potrebbe subito obiettare che il paziente è destinato a subire e tacere! Questo modo di approcciare la vita non ci appartiene! A volte è necessario tacere e far evolvere le situazioni.

San Paolo coniuga, infatti, la pazienza con la benevolenza e cioè la bontà come stile con cui agire nella vita quotidiana. Il benevolo non è semplicemente il buono, remissivo e sottomesso, ma l’uomo o la donna pronti ad agire con operosa bontà.

La bontà operosa è cercare il bene dell’altro senza rinunciare alla propria dignità. Sempre nella lettera sull’amore e sulla famiglia il papa afferma che “l’amore non è solo un sentimento ma, nel senso che ha nella lingua ebraica il verbo amare, vuol dire fare il bene”.

Si esprime così che la carità più che con le parole e nelle parole traspare dalle opere.

Don Mauro