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10
MAG
2020

«Pensare sempre a dopodomani, non solo al domani»

Carissimi,

lunedì scorso sono stata sorpresa dal messaggio di un caro collega padovano che mi chiedeva se poteva aprire il Collegio Docenti della sua scuola leggendo la “nostra” lettera di domenica scorsa.

Lo sono stata ancor di più quando ha usato un suo stralcio per una lettera alla comunità della scuola che dirige. In essa citava l’alzaia, la fune che veniva utilizzata per rimorchiare da terra le chiatte lungo la risalita dei navigli di città. E proprio Alzaia è il titolo di un libro di Erri De Luca dove in “Cuciture” si narra di un famoso sarto operante in Gerusalemme 

“Un sarto ebreo ricevette da un nobile della sua città l’incarico di cucire un raro capo di vestiario con un tessuto prezioso acquistato a Parigi. Il nobile raccomandò al sarto di realizzare un capolavoro. Il

sarto sorrise e rispose che non c’era bisogno di incitamenti perché lui era il migliore della regione. Terminata l’opera portò il vestito dall’illustre cliente, ma ne ricevette in cambio solo ingiurie e accuse di

aver rovinato il tessuto. Il sarto frastornato e avvilito andò a chiedere consiglio da reb Yeraḣmiel che gli disse pressappoco così: “Disfa tutte le cuciture del vestito e poi ricucile esattamente negli stessi punti di

prima. Poi riportaglielo”. Il sarto seguì lo strano consiglio e riportò il vestito al nobile. Con sua sorpresa il signore fu entusiasta del lavoro e aggiunse anche un premio al salario.

Reb Yeraḣmiel gli spiegò poi: “La prima volta tu avevi cucito con arroganza e l’arroganza non ha grazia. Perciò sei stato respinto. La seconda volta hai cucito con umiltà e il vestito ha acquistato valore”.

È decisiva l’intenzione, più della perizia, l’ispirazione più della maestria, anche negli umili lavori. […] La sola abilità tecnica è sterile, vana. Per chi è abituato a considerare solo il prodotto finito e non il modo

con cui lo si lavora, per chi giudica l’opera e non l’intenzione, questo racconto è invano”.

 

Nella lettera del collega si evidenziava una metafora del lavoro di ogni maestro che si trova a cucire la preziosa tela degli apprendimenti con il filo sottile e prezioso dell’insegnamento, ma io oggi nella seconda parte, quella in cui si parla dell’umiltà e dell’ispirazione vedo il volto di tutte le mamme che ogni giorno tirano la fune per condurre i loro figli lungo le rive della vita. Non me ne vogliano i papà per questo accostamento perchè so benissimo che le mamme non sono sole a tirare la fune, non solo… ho in mente e nel cuore il volto di chi deve fare anche da mamma, perché troppo presto la mamma è scomparsa. 

Settimana scorsa parlavo della possibilità o meno di educare a distanza e qualcuno ha ribattuto dicendo che che la presenza non può essere compensata dal virtuale. Non pensate che non lo sappia: da quattro lunghissimi anni faccio anche la “mamma a distanza” perché per motivi prima di studio e poi di lavoro mia figlia vive a migliaia di chilometri. Le mamme sanno affrontare anche questo. Lo sanno fare perché amano incondizionatamente e, come invitava a fare Aldo Moro, seppur riferendosi ad altri contesti, pensano “sempre a dopodomani, non solo al domani” dei loro figli e a quello che è il bene per loro.

Un abbraccio riconoscente

Anna Asti