Condividiamo con voi le riflessioni di Don Mauro, parroco della Comunità Pastorale Paolo VI.
“Nello scorrere delle giornate festive ci avviciniamo alla festa solenne dell’Epifania del Signore. Forse si può considerare questa giornata come un momento di nostalgia perché, dice bene il proverbio “tutte le feste porta via”. Eppure, rileggendo con attenzione il racconto evangelico siamo coinvolti in un vero e proprio percorso di vita che comprende almeno tre tappe:
Il percorso accennato è di stimolo a riprendere un cammino di vita ordinario, coraggiosamente capace di confrontarsi con la rivelazione di Dio e avviare un dialogo con le persone vicine alle quali viviamo.
Nel ripensare all’incontro con tante famiglie e con tante persone, avvenuto durante la visita in occasione del Natale mi sono accorto di come la distanza pratica da Dio, da Cristo Gesù stia velocemente diffondendosi anche nei nostri quartieri. Senza minima ombra di giudizio le generazioni dell’età di mezzo e giovanili sembrano, almeno apparentemente, lontane dalla questione religiosa perché la vita incalza e non c’è tempo per altro.
Senza dubbio la vita quotidiana è complessa ma una domanda sorge inevitabile: dove stiamo andando? Verso chi e verso cosa? Mentre mi ponevo questi interrogativi una persona porgendo gli auguri natalizi mi ha consegnato un testo che apre orizzonti salutari. Ve lo propongo: “Che cosa vi è di più importante che trovare un amico nella vita? Un amico è una realtà preziosa. Ma io lo posso creare da solo? No di certo! Posso andare a prendermelo da qualche parte? In verità allo stesso modo, no! Io posso essere ricettivo e vigile, per cogliere quando mi si avvicina una persona che può divenire importante per me, ma è necessario che venga! Venga verso di me dallo spazio a perdita d’occhio della vita umana. Così è anche per l’amore. L’uomo ha bisogno della donna, che gli sia compagna, e la donna dell’uomo, che le possa essere come una “patria”, affinchè nella reciprocità creino quel mondo vivo che si chiama famiglia e casa; ma può l’uno fabbricarsi l’altro? Ancora una volta no. Lo può cercare; cercare tuttavia significa avere delle mire, e la mira, l’intenzione cosciente, come guasta facilmente ogni cosa! L’altro deve necessariamente venire a lui dall’ampiezza del mondo, dalla moltitudine delle persone. Se riflettiamo con precisione, le cose stanno in modo simile per la nostra professione, il nostro lavoro, la nostra posizione nella totalità dell’esistenza: parecchio possiamo conquistarlo lottando, ma molto altro deve necessariamente risultare dalle combinazioni della vita. Deve aprirsi la possibilità; io debbo vedere, qui, ora, e poi gettarmici dentro. Molte cose importanti, decisive, poggiano su combinazioni e incontri, che non ho disposti io stesso, che non ho potuto far emergere con l’energia mia propria. Sono venuti, mi si sono offerti. Anche la nostra salvezza poggia su una venuta. Gli uomini non hanno potuto escogitare né produrre da sé Colui che la opera. Egli è venuto presso di loro dal mistero della libertà divina”. (“la Santa notte” – Romano Guardini)”